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10 cose da fare a Procida, un’insulare capitale italiana della cultura

Il territorio del comune di Procida si attiva attraverso quella cultura che, stratificatasi nel corso dei secoli, può meravigliare il mondo intero perché dà valore alle bellezze del paesaggio, del mare e del capitale formativo e artistico procidano.

Alla scoperta delle isole di Procida e Vivara

Procida, capitale italiana della cultura 2022, ha la possibilità, anche negli anni a venire, di condividere il proprio sviluppo culturale, per una crescita economica, turistica ma specialmente della qualità di vita. Realtà insulare di appena 3,7 kmq, insieme al vicino isolotto di Vivara, riserva naturale disabitata, costituisce un’unica amministrazione comunale che insiste su poco più di 4 kmq. Entrambe fanno parte, come altre, dell’arcipelago, nel golfo di Pozzuoli, delle isole Flegree e anticamente queste due risultavano attaccate: l’elemento di connessione era una sottile falesia che nel corso del tempo è scomparsa. Attualmente sono collegate da un ponte recentemente restaurato.

Vivara vista dal ponte che la collega all’isola di Procida

Questi due territori insulari, di origine vulcanica, sagomano le propaggini di un vero e proprio cratere semisommerso, con uno specchio d’acqua emiciclico, evidenziato dai 3 km del perimetro vivarese a mezzaluna, che forma il cosiddetto golfo di Genito. Non a caso un’ipotesi sull’etimologia farebbe derivare il nome dell’isola dal greco prochyo, che significa profusa, a sottolinearne l’origine eruttiva. Infatti è costituita quasi interamente da tufo giallo e grigio.

Come da tradizione, il centro abitato è suddiviso in zone dette grancìe, un termine con cui un tempo i monaci chiamavano le fattorie, per poi passare a indicare i territori afferenti alle varie chiese e monasteri in relazione con la Chiesa Benedettina Abbaziale, l’unica da cui dipendevano tutte quelle procidane. Recentemente tale suddivisione è stata rivalutata anche a livello amministrativo, ed è articolata in nove contrade: Terra Murata, Corricella, Semmarezio, Sent’cò, San Leonardo, Madonna della Libera, Sant’Antuono, Sant’Antonio e Chiaiolella.

Ora c’è un motivo in più per farle visita. La capitale italiana della cultura, infatti, è una città annualmente designata dal Ministero della cultura. Ebbene, per il 2022 gli esperti hanno scelto Procida. La progettazione del Comune ha previsto, con un cronoprogramma che va da gennaio alla fine dell’anno, progetti culturali da gestire in collaborazione con la Regione Campania. La cultura non isola, qui si inventa, ispira, include, impara, innova, con eventi la cui carica trasformativa è stata ideata con l’intento di non esaurirsi a dicembre tanto facilmente. Artisti internazionali, comunità locale, turisti, per riscoprire radici proiettandosi consapevolmente nel futuro e divertendosi nel presente. Performance e laboratori artistici, mostre, percorsi, esperienze condivise, con manifestazioni diffuse e dislocate in tutta l’isola, senza tralasciare la dimensione internazionale; all’insegna dell’ecosostenibilità, dell’accoglienza e dell’inclusione. Arti performative, fotografia, teatro, cinema, letteratura, incontri di formazione, musica, pure a cielo aperto, e rigenerazione territoriale, per un dirompente sviluppo a base culturale a cui tutto il mondo può partecipare.

All’occorrenza, si può cliccare sul prossimo link per avere informazioni su come raggiungere l’isola (tutte le tratte); la rotta più popolare è quella Napoli ➜ Procida. Ed ecco di seguito una serie di suggerimenti, 10 cose da fare, tanti spunti, punti chiave e luoghi simbolo, spazi dove in qualsiasi momento si potrà compartecipare a questa esemplare, quanto complessa, kermesse, dando ogni tanto uno sguardo al multiforme cartellone di procida2022.com in continuo divenire o semplicemente affidandosi alle congiunture.

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1) Passeggiare per Marina Grande

Marina Grande è sia il porto di Procida, luogo di sbarco di traghetti e aliscafi, che la zona antistante, il lungomare dove spiccano i diversi colori pastello (giallo, rosa, azzurro, verde) delle peculiari case a schiera a più piani e Palazzo Montefusco, anche detto Merlato per la forma del coronamento di questo edificio del XII secolo, che prima di essere adibito a convento era un regio alloggio estivo; attualmente è abitato da residenti. All’arrivo sarà sicuramente la prima cosa che catturerà l’attenzione.

Marina Grande

Oltre ai pescatori che vendono il pescato direttamente dalle barche ormeggiate, lungo Via Roma ci sono tante attività commerciali. Passeggiando verso piazzetta Sancio Cattolica (in dialetto Sent’Cò) si noterà la Chiesa di Santa Maria della Pietà. Nel 1600 era un tabernacolo creato dai marinai che, nel 1760 viene ampliato fino a diventare l’attuale costruzione che affaccia sulla piazza della Marina. Dalla banchina sarà già visibile la cupola e la torre campanaria. All’interno, ammirevoli altari e affreschi.

2) Andare in centro (“Grancia” Sant’Antuono)

Il centro nevralgico, identificabile nella cosiddetta grancia di Sant’Antuono, è Piazza Olmo, punto di incontro di tanti vicoletti, raggiungibile percorrendo dalla stazione marittima Via Vittorio Emanuele. Lungo il tragitto, all’incrocio con Via Cavour, ci si imbatterà nella Chiesa di Sant’Antonio Abate, edificata nel 1606. All’interno, oltre che la statua del Santo con il classico porcellino, colpiscono l’altare maggiore intarsiato e la balaustra cesellata. Presenti quadri della scuola del Solimena. I procidani in occasione della relativa festività portavano qui in processione i propri animali per l’immancabile benedizione protettiva di Sent’Antuone.

3) Recarsi a Terra Murata, il centro storico

Il centro storico e culturale è rappresentato dal borgo antico di Terra Murata, così chiamato per le mura che cingono questa cittadella medievale, per accedere alla quale bisogna, dopo una ripida salita, passare attraverso l’ingresso della Porta di Ferro o della Porta di Mezz’Omo. Si trova a circa 90 metri sul livello del mare, sul quale è arroccata. Durante la dominazione asburgica di Napoli, quando Procida fu concessa in feudo a Alfonso III d’Avalos, imperversavano le scorrerie dei pirati saraceni; specialmente per funzioni di avvistamento e difesa venne fatto costruire quello che attualmente è Palazzo D’Avalos, castello signorile del 1563 che, in epoca borbonica, divenne regale per essere quindi trasformato dapprima in scuola militare e successivamente, nel 1830, in prigione del Regno. L’ormai ex carcere ha funzionato come penitenziario fino alla fine dei nostri anni 80. Nel complesso fortificato ci sono anche altri edifici, un cortile e una tenuta agricola.

Terra Murata

Piazza d’Armi è invece il luogo in cui inizia la processione del Venerdì Santo, di grande interesse, organizzata originariamente dalla Confraternita dei Turchini, con le statue del Cristo Morto e dell’Addolorata, il baldacchino e le marce funebri della banda musicale, e i Misteri, le tavole di cartapesta, legno e altri materiali che rappresentano passi del Vecchio Testamento e del Vangelo, sostenuti da giovani con saio bianco e mantello turchese.

Imperdibile la prospettiva panoramica del golfo visibile dal belvedere di Via Borgo. In questo spiazzo del quartiere c’è un tipico esemplare di architettura locale: una casa di tre piani interamente scavata nel tufo.

La costruzione più importante del centro storico è l’Abbazia di San Michele Arcangelo, la chiesa madre (al piano superiore) con complesso abbaziale al piano inferiore. Il santo patrono, il protettore, viene raffigurato sul soffitto in legno e oro della navata centrale. Tanti altri i pregiati capolavori da ammirare, quali dipinti, statue, marmi, pavimenti, o magari anche da ascoltare, come i raffinati organi. Come se non bastasse, al piano terra c’è anche un museo, dove sono esposte prestigiose sculture e pitture, una biblioteca contenente rarissimi volumi, un presepe napoletano del ‘700. Ai livelli inferiori del complesso ci sono La Segreta e L’Ossario.

Sul terrazzamento inferiore si staglia verso la Corricella la struttura ecclesiale di Santa Margherita Nuova, che comprende una chiesa e un convento, edifici crollati e attualmente quasi ristrutturati del tutto, sede di esposizioni.

4) Aggirarsi per i casali di Semmarezio

La grancia di Semmarezìo (Santa Maria in dialetto) include quattro casali del ‘500 ma è nota soprattutto per il piazzale, che viene definito la Terrazza di Procida per lo stupendo panorama che può essere goduto dalla panchina. In questa che ora è Piazza dei Martiri, c’è la Chiesa della Madonna delle Grazie, ingrandita nel 1679 a partire da una preesistente cappella. Di stile barocco, con pianta a croce greca, contiene due preziosi dipinti, uno che rappresenta l’Immacolata con Santa Lucia e San Gaetano da Tiene, l’altro raffigurante la Vergine, sull’altare maggiore. Le funzioni religiose vengono celebrate quotidianamente.

Abitazioni a Casale Vascello

Il Casale Vascello (dal dialetto re vescio, di giù) è il borgo fortificato che è ubicato ai piedi di Terra Murata, ed è il più grande di tutta la grancia. Anche detto “vascello sfondato” per la presenza di due ingressi, è un agglomerato abitativo che risale al 1600, epoca in cui le incursioni dei pirati divennero meno frequenti. Anche qui, come in tante altre località, la presenza del vefio, il caratteristico balcone di origine araba con copertura a volta ad arco policentrico, i colori e la stretta contiguità delle abitazioni contraddistinguono il caseggiato. Nel cortile centrale, dove converge il dedalo di vicoletti, vengono spesso organizzati eventi culturali.

5) Andare in spiaggia

Sulla costa della Silurenza, a lato del terminal dei traghetti, troviamo la spiaggia delle Grotte, attrezzata, di sabbia, caratterizzata dalla presenza nelle vicinanze di cave nel tufo, adibite a deposito di barche o magazzini. E, sul lato opposto, a fianco del porto turistico, la spiaggia della Lingua, di ciottoli, raggiungibile anche attraverso un’antica scalinata a fianco della Torre di Tabaia, libera, con possibilità di noleggiare ombrelloni e sdraio al bar, da sistemare autonomamente. Segue la spiaggia dell’Asino, quella citata nel libro “L’isola di Arturo” di Elsa Morante.

La famosa spiaggia del Pozzo Vecchio è quella dove vennero girate alcune scene de “Il Postino”, con Massimo Troisi, e per questo chiamata anche come il titolo del film. Incorniciata nella natura selvaggia è però comodamente raggiungibile passeggiando.

La spiaggia del Pozzo Vecchio

Le spiagge di Ciraccio e Ciracciello sono separate solo da due piccoli faraglioni. Sullo stesso litorale, il più lungo di Procida, c’è anche la spiaggia di Punta Serra. Sul versante occidentale, si raggiunge la spiaggetta di Marina Chiaiolella, nei pressi dell’omonimo porticciolo turistico, costituito dal cratere di un vulcano sommerso.

La spiaggia della Chiaia, tra Punta Pizzaco e Punta dei Monaci, è per un tratto libera e per un altro in concessione a stabilimenti balneari. La sabbia è quella tipica locale, fine e scura, e i fondali sono bassi e digradanti, ma arrivare a destinazione è un pò faticoso per i numerosi scalini da fare. C’è però l’alternativa del servizio barche.

6) Navigare lungocosta

Noleggiando un natante, si può navigare lungocosta intorno all’isola, ma bisogna prestare attenzione alle regole dell’area marina protetta Regno di Nettuno; oppure, in alternativa, scegliere di lasciarsi guidare dai barcaioli del posto con i tour organizzati su barche esclusive o da condividere in gruppo.

In barca intorno all’isola

A seconda del capitano, vengono previste soste in tutte le baie e pranzo a bordo, oppure viene data anche la possibilità di fare il bagno. La circumnavigazione può essere fatta pure di notte, con una particolare barca dal fondo trasparente e luminoso, ideale per ammirare sia la flora che la fauna. Sia di giorno che di notte si può addirittura andare con un semi-sommergibile. Oppure, di sera, mollare gli ormeggi da un peschereccio, per vivere in maniera diretta l’esperienza della pesca del pesce azzurro. Non manca la possibilità di sorseggiare un aperitivo al tramonto, con vista sulla Corricella, trascorrendo due ore ascoltando musica in buona compagnia in mezzo al mare, con un’imbarcazione che può essere prenotata per una coppia o un piccolo gruppo.

Se si preferisce solcare autonomamente i mari, si può prendere in considerazione anche il noleggio di kayak, potendo fare rotta, a remi, in zone altrimenti interdette alla navigazione.

7) Camminare per Marina Corricella

Il più antico borgo marinaro procidano, senza traffico veicolare, è quello di Marina Corricella. Sulla banchina del porticciolo dei pescatori, che riforniscono anche i pochi piccoli ristoranti della zona, si presenta un complesso architettonico risalente al ‘600. L’etimologia del termine Corricella è greca: chora kalè, ovvero bella contrada. Luogo ideale per camminare, respirando aria salmastra e ammirando bellezze storiche, anche perché le abitazioni sono ancora più datate.

Marina di Corricella

Non solo vefì, ma anche finestre e scale particolari, come i due accessi pedonali: la gradinata del Pennino e la gradinata Scura. Dopo le riprese del lungometraggio ispirato al romanzo Il postino di Neruda, la piazzetta è stata intitolata a Troisi. In questa zona, precisamente nella chiesa di San Tommaso d’Aquino, ha sede la Congregazione dell’Immacolata dei Turchini, aggregazione laicale religiosa afferente alle Confraternite.

8) Visitare il Museo del Mare, la “Casa di Graziella” e il Museo Civico

Nel palazzo storico dell’Istituto Nautico “Francesco Caracciolo”, in Via Principe Umberto, originariamente creato per scopi didattici, è aperto al pubblico dal 1997 il Museo del Mare, un’area espositiva e una biblioteca paradigmatiche delle tradizioni marinare del popolo procidano, composto principalmente da capitani, marinai e pescatori. Un archivio storico e religioso legato al mare, sia di documentazioni che di strumenti di navigazione; in mostra ottanti e sestanti, igrografi e bussole.

Al piano superiore del Palazzo della Cultura (Ex conservatorio delle orfane) a Terra Murata si può visitare il museo Casa di Graziella, nome femminile che intitola il romanzo di Alphonse de Lamartine del 1852, incentrato sul viaggio durante il quale conobbe questa giovane, che rappresenta ormai l’emblema della donna procidana, dalla bellezza semplice e amorevolmente selvaggia.

Il museo Casa di Graziella

Lo scrittore soggiornò qui per un anno circa, dal 1812 al 1813, e si innamorò di questa fanciulla, alla quale ha successivamente dedicato il libro. Indelebili nei suoi ricordi il tempo passato insieme a lavorare il corallo o a leggere nella casa di pescatori in cui la giovane orfana conviveva con i nonni e i fratelli. Dopo alcuni anni dalla partenza dell’artista, che aveva promesso di tornare, la ragazza si ammala e gli spedisce una lettera contenente una sua treccia. Anche se non si incontreranno ancora, la storia d’amore viene perpetuata nell’opera d’arte letteraria.

Il Museo Civico (archeologia, geologia, ambiente, mare), invece, si trova adesso in una vivace fase di riallestimento.

9) Esplorare Solchiaro

Il verde promontorio di Solchiaro

Punta Solchiaro è il promontorio meridionale dell’isola, raggiungibile percorrendo il sentiero dell’omonima via, che corre lungo l’intero perimetro di questa affusolata estremità. I giardini delle ville si alternano alla prospera macchia mediterranea. Si giungerà in veduta di scenari che si tingono d’azzurro più di una volta, riuscendo a volgere tranquillamente lo sguardo verso le altre isole dell’arcipelago o verso la terraferma, con lo sciabordio in sottofondo.

10) Gustare l’enogastronomia procidana

Il punto forte dell’enogastronomia locale è la cucina, con le sue eccellenze marinare – il pescato – e agricole – carciofi, limoni, melanzane, peperoncini verdi, pomodori e altri ortaggi coltivati nelle parule, gli orti irrigui collegati a falde acquifere che emergono tramite pozzi artesiani. I carciofi di Marina Chiaiolella sono molto grossi e gustosi, impiegati spesso come accompagnamento della pasta tipo paccheri, insieme a capperi, olive nere e briciole di pane abbrustolito, e in altre preparazioni come il tortano di carciofi o sott’olio. Il fertile terreno vulcanico dona massicci limoni con la parte bianca, quella tra la polpa e la buccia, incredibilmente spessa, utilizzati, oltre che come condimento, come ingrediente principale dell’insalata, di marmellate e liquori.

Tanto pesce azzurro sulle tavole, come le alici, marinate o con la pasta e i peperoncini fritti nella ricetta della pescatora povera; fritture di paranza, ma anche polpi, totani, calamari, seppie, frutti di mare, canocchie.

Frittura di alici, pesce azzurro e calamari con limone procidano

Fa parte della cultura culinaria autoctona anche il coniglio, che non si discosta molto da quello cucinato all’ischitana; differisce infatti solo per le erbe aromatiche utilizzate e perché non viene prima rosolato ma cotto unicamente a fuoco lento. Del resto anche sull’isolotto di Vivara, come sulla vicina isola di Ischia, vivevano un tempo piccoli conigli allo stato brado.

Per dessert o a colazione, la peculiare lingua, il dolce con il quale le papille gustative riconosceranno subito la crema pasticcera, infagottata nella pasta sfoglia, agrumata al limone.

Per quanto riguarda la tradizione enologica, oggi non va oltre la produzione propria e non ha espresso vini con denominazione di origine o indicazione geografica tipica. Ma una delle vigne storiche ha recentemente fatto confluire pregiate uve bianche a km zero nella cantina Campi Flegrei, che vinifica DOP, e una bottiglia giustamente titolata, di Procida, presto, potrebbe non essere più solo un sogno. D’altronde non sarebbero i primi acini a bacca bianca dei vitigni locali che vengono utilizzati nel vino flegreo, in particolare nel DOC Falanghina.

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